Genoa, Liguria, Day 1
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Questo è solamente il primo di venticinque giorni di “zona arancione”. In Italia da ieri sera è infatti proibito spostarsi se non presentando un documento che certifichi il nostro spostamento per importanti esigenze lavorative, per acquistare beni di prima necessità, per emergenza o per ritornare al proprio domicilio. Ad ogni modo siamo caldamente invitati a rimanere in casa ed a limitare i contatti umani al minimo essenziale. Una decisione senza precedenti dal Dopoguerra ma inevitabile vista la situazione.
Nessun dramma qui. La mia regione, la Liguria, è al momento sotto controllo dal punto di vista dei contagi, a differenza di altre regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Quindi è difficile mettersi nei panni di chi ha l’emergenza vera in casa. Ma la mia regione è vicina alle zone a rischio quanto basta da riflettere.
La prima sensazione quando è saputo la notizia è che il tempo avesse improvvisamente rallentato. Le lancette scorrevano più lentamente e il 3 di aprile sembrava un miraggio sul calendario. Poi, con il passare delle ore, ci si rende conto che la vita lavorativa prosegue grazie allo smart working. Si realizza così quanto i social network, sui quali lavoro, abbiamo profondamente permeato la nostra società, divenendo l’unico modo di “esserci” veramente in una situazione emergenziale di questo tipo. Sia come privati sia come attività commerciali.
Da un lato sono contento perché avrò molto più tempo per scrivere, come facevo ormai troppi mesi fa. Dall’altro sono curioso di capire come sarà la sensazione di tornare a parlare con gli amici di persona, senza un filtro artificiale. Non saremo vicini ma siamo per forza di cose connessi, sia dal punto di vista comunicativo sia dal punto di vista del nostro destino. «Gli altri siamo noi», ho letto sui social in queste ore. Una frase che racchiude in sé la nostra interdipendenza di queste future settimane. Snaturarsi per tornare alla vita normale quanto prima possibile.
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This is only the first of twenty-five days of lockdown. In Italy since last night it is in fact forbidden to move except by presenting a document certifying our movement for important job needs, to buy basic necessities, for emergencies or to come back home. Anyway we are strongly invited to stay at home and to limit human contacts to a bare minimum. An unprecedented decision since the post-war period but inevitable if we consider our situation.
No drama here. My region, Liguria, is currently under control from contagions point of view, unlike other regions such as Lombardy, Veneto and Emilia-Romagna, respectively the regions which Milan, Venice and Bologna belong to. So it’s difficult to put yourself in the shoes of those who have a real emergency at home. But my region is close enough to just reflect.
The first feeling when the news was heard was that time had suddenly slowed down and the 3rd of April looked like a mirage on the calendar. Then, as the hours passed, you realize that job life goes on thanks to smart working. So you realize how much social networks, which I work on, have deeply permeated our society, becoming the only way to “really be” during an emergency like this. Both as individuals and as businesses.
On the one hand I am happy because I will have much more time to write, as I was doing too many months ago. On the other hand, I am curious to understand how will be to talk again to friends without any artificial filter. We will not be close but we are necessarily connected, both for communication and for our destiny. “We are the others”, I read on social media in these hours. A sentence that embodies our interdependence during these future weeks. We need to strongly change our habits to return to normal life as soon as possible.