Pubblicato su East Journal in data 22/02/2017.
Lo sport è uno tra gli strumenti che al giorno d’oggi sono in grado di avvicinare maggiormente le persone. Un avvicinamento, tuttavia, la cui difficoltà dipendono da diversi parametri, tra i quali sicuramente l’attitudine culturale e la posizione geografica. In questo ambito c’è una storia in Medio Oriente che può insegnare molto. È la storia dei Jerusalem Peace Lions, compagine di football australiano che da ormai tre anni partecipa alle competizioni riservate alle selezioni nazionali. Quale la particolarità? La loro rosa è composta sia da giocatori israeliani sia palestinesi.
«Dopo tre estati passate negli Stati Uniti ad insegnare il football australiano a bambini provenienti dal Medioriente e dall’Asia Meridionale decisi di portare a Gerusalemme il materiale donatomi a Gerusalemme per permettere a giovani israeliani e palestinesi di praticare questo sport neutrale, eccitante ed energico». Così esordisce Yonatan Belik, capitano dei Lions, raggiunto in esclusiva per East Journal. Dopo diversi mesi di reclutamento di giovani atleti al Gan Sacher Park di Gerusalemme, il capitano decise così di incontrare in Australia il Direttore dello Sviluppo Internazionale della AFL, la federazione internazionale. Grazie all’aiuto di David Miller, «buon amico e grande sostenitore di questa iniziativa», Yonatan riuscì a trovare i fondi per creare la squadra e permetterle di partecipare agli Europei di Croazia 2015.
«In tre anni siamo riusciti a coinvolgere centinaia di palestinesi ed israeliani», racconta il capitano, «partecipando due volte agli Europei tra Croazia 2015 e Portogallo 2016». Una compagine che è diventata famosa nella capitale israeliana a dispetto dell’umiltà che ostenta il suo maggior rappresentante («non siamo famosi, ma conosciuti») e che «ha avuto un importante impatto in entrambe le comunità alimentando la consapevolezza circa le possibilità di cambiamento attraverso sport e fiducia». «Alcuni sono sorpresi e ci incoraggiano in questo progetto, altri cinicamente non credono nel nostro potenziale».
Oltre ai Lions, Belik è riuscito insieme ai suoi collaboratori ad organizzare il primo storico campionato locale di football australiano, composto da sei compagini per preparare gli atleti al debutto internazionale in Croazia. «I ragazzi palestinesi vivono nella zona orientale di Gerusalemme e quindi possono entrare viaggiare in Israele ma non internazionalmente», rivela Yonatan, aggiungendo che «per il viaggio in Croazia abbiano dovuto richiedere dei permessi speciali per loro».
Un conflitto, quello arabo-israeliano, che costituisce il massimo comun divisore di questo progetto. «Posso dirti come mi sento», rivela Yonatan. «Agli israeliani non importa abbastanza del conflitto perché non provano sulla loro pelle la situazione palestinese», continua, «è troppo facile non assumersi le responsabilità che abbiamo». «Questa è la ragione per cui la squadra è nata», afferma orgogliosamente, «ovvero creare legami che portino alla luce la vera realtà per permettere ai ragazzi che giocano di sentirsi rassicurati e condividere ciò».
Quale il momento più emozionante? «Il benvenuto che ci riservarono i giocatori irlandesi dal nostro spogliatoio al campo di gioco», racconta Yonatan, «così come i cori del tipo “peace team peace team” da parte del pubblico». Non solo. Il capitano ricorda anche l’acclamazione riservata loro nella serata delle premiazioni: «Grazie a ciò abbiamo capito che ciò che stavamo facendo era importante».
«Usiamo lo sport per sfogare l’aggressività», afferma il capitano, «lavorando sulla comunicazione e supportandoci a vicenda per migliorarci». «Siamo come una famiglia», conclude, «due nazioni in una sola squadra».