Pubblicato su East Journal in data 17/02/2017.
È accaduto in Spagna, più precisamente a Vallecas, quartiere situato nella zona sudorientale dell’area metropolitana di Madrid. Caratterizzato da mezzo milione di abitanti, esso costituisce un vero e proprio feudo proletario della capitale. Non è un caso vi sia nato Pablo Iglesias, dal 2014 segretario di Podemos, partito antisistema iberico di chiara matrice sinistrorsa. Un’anima proletaria che la gente di Vallecas ha saputo infondere alla squadra di calcio locale: il Rayo Vallecano, i cui tifosi amano definirsi non come la terza squadra di Madrid, bensì come la prima squadra del quartiere. Un orgoglio passionale ed identitario che si è abbattuto contro Roman Zozulja, attaccante ucraino ex Dnipro acquistato dalla dirigenza del Rayo e contestato fermamente dagli ultrà, i Bukaneros, in quanto accusato di espresse simpatie naziste.
La prima grande presa di posizione ha avuto luogo al centro sportivo, in cui i Bukaneros hanno mostrato uno striscione con la scritta «Vallecas non è un posto per nazisti, tornatene a casa». Su cosa si fondano le accuse degli ultrà vallecanos? La loro posizione è stata espressa chiaramente per mezzo di un comunicato pubblicato sul loro sito ufficiale, nel quale viene menzionata una serie di episodi. Tra i più contestati c’è il frequente appoggio al Battaglione Azov, reparto militare ucraino istituito per contrastare i separatisti filo-russi del Donbass, definito dai Bukaneros come «un distaccamento di volontari di ideologia nazista e nazionalista» che negli anni di guerra «ha realizzato crocifissioni, ha bruciato vivi e decapitato prigionieri». In che modo Zozulja ha sostenuto il Battaglione? Per esempio, quando durante un videomessaggio pubblicato su Azov Channel, canale ufficiale del reparto militare, in cui «mostrava appoggio esplicito al gruppo paramilitare chiedendo aiuti economici identificandosi come calciatore». «Ha anche messo all’asta differenti premi e medaglie che ha conquistato nella sua carriera», prosegue il comunicato, «al fine di ottenere denaro da donare al Battaglione».
Un’altra accusa che gli viene posta è quella del rapporto troppo amichevole con il gruppo ultrà White Boys ai tempi del Dnipro. Un gruppo ultrà di ideologia di estrema destra, «di carattere nazionalista appartenente al Battaglione e che utilizza come simbolo il Totenkpof», il teschio utilizzato dalle SS di Adolf Hitler. Non è tutto. Dai Bukaneros viene anche evidenziato un tweet dell’attaccante risalente al dicembre 2015 in cui posa vicino ad una sciarpa raffigurante Stepan Bandera. Leader dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini durante la Seconda Guerra Mondiale, fu un collaboratore della Germania e fondatore dell’Esercito Insurrezionale Ucraino, il quale si rese protagonista di deportazioni ed uccisioni di ebrei.
Il già prima contestato presidente del Rayo, Raúl Martín Presa, ha difeso l’acquisto durante un’intervista a Radio Cope affermando che «si è trattato di un equivoco in quanto il giocatore non ha alcun legame con movimenti neonazisti». In una nota la società faceva poi riferimento alla maglia che l’attaccante indossò al suo arrivo al Betis Siviglia nell’estate del 2016, la cui immagine viene riportata nel comunicato ma le cui implicazioni ideologiche non vengono menzionate. «Lo stemma in questione era quello dell’Ucraina accompagnato dai versi del poeta Taras Shevchenko», si leggeva, «studiato in tutte le scuole di quel paese». Anche Zozulja ha provato a giustificarsi, rinnegando il legame con gruppi paramilitari fascisti, affermando di aver «collaborato con l’esercito durante la guerra ma con azioni sempre in sintonia con i valori del club e della tua tifoseria», come «la difesa del Paese e l’aiuto a bambini bisognosi». Una difesa dimostratasi vana, in quanto il giocatore ha convenuto con la società di rescindere il contratto e di tornare al Betis Siviglia, che gli aveva dimostrato la sua vicinanza e che gli garantisce gli allenamenti con la prima squadra nonostante non possa giocare da qui alla prossima stagione.