Pubblicato su Londra Italia in data 07/01/2016.
Doveva arrestarsi prima o poi la marcia di Antonio Conte sulla panchina del Chelsea, e così è stato contro il Tottenham a White Hart Lane. Tredici vittorie consecutive, solamente una in meno del record dell’Arsenal di Arsène Wenger durante la stagione 2001/02, futuro campione d’Inghilterra. Terminato il periodo natalizio è tempo di un bilancio sulla gestione dell’ex CT della Nazionale. Un bilancio che non può che essere positivo.
AUTOREVOLEZZA. Una della maggiori difficoltà che la critica additava al tecnico pugliese era la mancanza di autorevolezza internazionale di fronte a campioni di valore internazionale. Certo, alla Juventus non sono mancati i vari Gianluigi Buffon, Andrea Pirlo, Claudio Marchisio e così via, ma facevano tutti parte di un contesto come quello italiano (se non torinese) in cui le doti umani e tecniche di Conte erano già alla luce del giorno. Senza contare poi che sulla valutazione di Bonucci e Barzagli come top player di livello mondiale la sua mano è stata più che evidente.
Da questo punto di vista è stata utilissima la sua esperienza agli Europei di Francia 2016. La Nazionale, anche causa infortuni, non godeva di un livello tecnico eccellente ma fu comunque protagonista di una competizione in cui partita dopo partita era temuta sempre di più dalle avversarie e dalla stampa, ricevendo l’appellativo di “mina vagante” del torneo. Inoltre, la richiesta alla proprietà del rinnovo al capitano John Terry gli ha permesso di avvalersi di un solido “alleato” in spogliatoio, se mai ce ne stato fosse il bisogno, in grado di permettergli di veicolare al meglio i suoi messaggi. Un’autorevolezza resa evidente nella conferenza stampa dopo al sconfitta contro il Tottenham. Alla domanda di un giornalista sulla possibilità di cambiare formazione la sua risposta è stata impreziosita da un sorriso, quasi come a dire: «Ragazzo, stavo per vincerne quattordici di fila e mi chiedi di cambiare formazione?».
Conte laughs when asked if he will change the formation again after not winning for the first time in 14 games. #TOTCHE
— Chelsea FC (@ChelseaFC) 4 gennaio 2017
UMILTÀ. Per un allenatore reduce da tre Scudetti consecutivi con la Juventus, che ha letteralmente cannibalizzato un campionato e che ha messo paura alle grandi nazionali agli Europei, c’era sicuramente il rischio di non presentarsi in punta di piedi. Non è stato così per Conte, come testimoniato anche da Michael Emenalo, direttore tecnico del Chelsea intervistato da Gianluca Di Marzio. «La società all’inizio gli ha dato la possibilità di parlare in italiano», ha dichiarato il dirigente, affermando però che «Antonio ha voluto parlare subito inglese dal primo giorno e il gruppo si è subito cementato».
SPIRITO DI ADATTAMENTO. Non solo scelte di natura comportamentale. Nonostante nelle prime tre giornate fossero arrivate tre vittorie, di cui due all’ultimo respiro contro West Ham (2-1) e Watford (1-2), il gioco dei Blues faticava a decollare. A prova di ciò, il tecnico salentino visse settimane difficili a cavallo delle due sconfitte contro il Liverpool (1-2) e soprattutto quella nel North London Derby contro l’Arsenal (3-0), al termine del quale si vociferava di un imminente esonero da parte di Roman Abramovič, poi scongiurato nei giorni successivi. Così, conscio del fatto quel qualcosa non andasse, si è adattato alla situazione rinnegando la difesa a quattro scelta ad inizio stagione in funzione di una difesa a tre che ha conferito maggior equilibrio alla manovra Blues.
Ma non solo. Ad inizio stagione avevano trovato poco spazio due ex barcelonisti come Pedro e Cesc Fàbregas. Il rifinitore spagnolo ha disputato da titolare undici delle ultime tredici partite di Premier League, rendendosi protagonista di 5 assist e 3 reti. Più centellinato l’utilizzo dell’ex beniamino dell’Arsenal, invece. Etichettato come possibile partente a gennaio, dopo i problemi alla coscia che l’hanno tormentato tra ottobre e novembre l’ex barcelonista è stato schierato per quattro volte titolare nelle ultime sette partite, realizzando in ognuna di esse almeno un goal oppure un assist. L’ultimo passaggio costituisce soprattutto la sua più grande qualità: basti pensare all’assist meraviglioso che fece nel febbraio 2015 per l’accorrente André Schürrle contro il Burnely. Per quello che molti additavano come l’erede di Pirlo nello scacchiere di Conte è arrivato il centesimo assist in Premier League contro lo Stoke City. Difficile che Conte lo lasci andare via a gennaio, facile lo proponga sempre di più in campo.
CRESCITA GIOCATORI. Per quanto riguarda il suo lavoro con alcuni giocatori basta portare due esempi: Eden Hazard e Diego Costa. Il fantasista belga, dato per partente in estate dopo una stagione deludente, esclusa l’assenza causa infortunio contro il Sunderland è stato schierato sempre titolare, garantendo fin qui 9 goal e 2 assist. Durante la passata stagione, invece, a quest’ora era ancora a secco di goal, riuscendo a bucare la rete per la prima volta solamente a fine aprile. Ancora più emblematico il caso del bomber brasiliano naturalizzato spagnolo: 14 goal e 5 assist in 19 partite, per una media di un goal ogni 120 minuti. In estate era ad un passo dal ritorno all’Atlético Madrid, ma Conte l’ha reso un autentico “animale” da battaglia, sempre pronto a lottare su ogni pallone ed a mordere il manto erboso. Emblema di ciò è sicuramente la rete messa a segno contro il West Bromwich: palla rubata al difensore, penetrazione da destra e potente mancino sotto l’incrocio lontano.
Esattamente un anno fa i goal erano 6 in questa fase della stagione, solo 12 alla fine del campionato. E pazienza se il bomber ogni tanto se la prende per i richiami, come in occasione della polemica richiesta di sostituzione contro il Leicester. Se i risultati sono questi…
MERCATO MIRATO. Il mercato del Chelsea in estate è stato mirato: presi l’attaccante belga Michy Batshuayi, il centrale brasiliano David Luiz, l’esterno Marcos Alonso e sopratutto N’Golo Kanté, “motorino” protagonista della vittoria del Leicester. Quattro acquisti precisi per un totale di circa 133 milioni, senza ulteriori spese come piace molto a Roman Abramovič negli ultimi anni. Conte, inoltre è calato fin da subito nei panni del manager di una potenza europea del calcio decidendo di lasciar partire l’esterno colombiano Juan Cuadrado, corteggiatissimo ai tempi della Juventus ma liberato a fronte di una qualità tecnica superiore in rosa.
RAPPORTO CON LA STAMPA. Il rapporto con la stampa è più che cordiale, arrivando perfino a portare i giornalisti per un paio d’ore in un pub dopo la conferenza della vigilia contro il Bournemouth, contro il quale è arrivata la dodicesima vittoria di fila. «È stato molto piacevole, disponibile e aperto con noi», ha raccontato John Southall della BBC, «ci ha raccontato come ha trasformato il Chelsea dentro e fuori dal campo». Piacevole sì, ma anche duro per esempio in occasione delle due sconfitte in Premier prima di riscatto: «Il passato non va mai dimenticato», tuonò il tecnico, «veniamo da un decimo posto nell’ultima stagione, il che significa che c’erano problemi».
POLEMICHE. Dopo la roboante vittoria contro il Manchester United (4-0) ci fu una polemica per la presunta eccessiva esultanza del tecnico dei Blues. La tesi di José Mourinho, evidentemente infastidito dal periodo pessimo dei suoi Red Devils dal punto di vista dei risultati, fu avvallata anche da altri tecnici internazionali come Vicente del Bosque, la cui Spagna fu annichilita agli Europei proprio dall’Italia. La risposta di Conte fu ferma ma intelligente allo stesso tempo: «Se non posso esultare cambio mestiere». E fine delle polemiche.
CONCLUSIONE. Dopo l’eliminazione in League Cup patita contro il Chelsea, i Blues se la vedranno in FA Cup contro il non irresistibile Peterborough di Grant McCann, attualmente ottavo in League One. La prossima avversaria di Premier sarà invece il Leicester di Claudio Ranieri, sconfitto già due volte negli ultimi mesi tra League Cup e Premier. La sfida di coppa, in particolare, costituì l’inizio della risalita.
Antonio Conte rappresenta l’esempio vivente di una verità: nel calcio se non lavori sodo non ottieni risultati. E chissà che la sfida a Claudio Ranieri non costituisca un metaforico passaggio di consegne.