Pubblicato su East Journal in data 18/11/2016.
Tra le vittime della Battaglia di Aleppo c’è il diciannovenne Kassem Shamkha. Nato nella città siriana di Burj Qallawiyah nel 1997, Shamkha passò la sua infanzia a Bourj el-Barajneh, quartiere della parte meridionale della capitale Beirut. La sua vita è stata spezzata circa due settimane fa, durante i combattimenti tra lo Stato Islamico e la Resistenza, di cui fa parte il movimento e partito libanese Hezbollah. Secondo quando riportato dall’AFP (Agence France-Press), agenzia di stampa francese, il giovane sarebbe morto «mentre stava respingendo un attacco dei ribelli su Aleppo occidentale». Ma la sua storia è particolare rispetto a quella di altri suoi compagni di battaglia: Shamkha era un giovane calciatore.
Il suo sogno era, come molti ragazzi della sua età, quello di sfondare nel mondo del calcio. Un mondo, quello della Lebanese Premier League, che stava iniziando a conoscerlo. Kassem entrò nel settore giovanile dell’al-Ahed nel 2009, all’età di 10 anni, dimostrandosi nel tempo un prospetto interessante. La Promessa, come viene definita questa società con sede a Beirut, considerando il palmarès costituisce la quinta potenza del calcio libanese, avendo conquistato ben quattro Premier League dalla sua fondazione, avvenuta nel 1966. Reduce, inoltre, dal Treble ottenuto nel 2015 conquistando Premier League, Super Cup ed Élite Cup, competizione disputata dalle sei meglio classificate durante precedente Premier. Stagione nella quale il giovane calciatore entrò nel giro della prima squadra.
Il giovane Kassem era un astro nascente di quella società, in campo anche nella finale della Youth Cup a Sidone. «Un giocatore di grande talento con una luminosa carriera davanti a sé», come è stato descritto da una fonte anonima al Lebanon Daily Star. Questa manifestazione coinciderebbe con l’ultima volta che Shamkha è stato visto dai suoi ex compagni. «Sarà ricordato per sempre nella storia del club», come dichiarato all’AFP da Mohammad Assi, segretario generale della squadra, aggiungendo che «è stato un eroe tanto sul campo di calcio quanto sul campo di battaglia in difesa della sua patria». Questo, infine, il saluto ufficiale dell’al-Ahed, da tutti ritenuta come la squadra di calcio di Hezbollah:
Con grande orgoglio e onore la società annuncia l’amato martire Kassem Shamkha, ucciso mentre difendeva la nostra nazione e la nostra terra. […] Congratulazioni per aver realizzato il tuo desiderio, Kassem.
Due casi simili erano già accaduti nel 2013 e nel 2014, rispettivamente a Burak Karan e Nidhal Selmi, due ragazzi però unitisi sotto la bandiera del califfo al-Baghdadi. Nato a Wuppertal, città tedesca della Renania Settentrionale-Vestfalia, Karan arrivò a militare anche tra le file della nazionale under 17 insieme ai noti colleghi Kevin Prince Boateng e Sami Khedira, prima di decidere di ritirarsi dal calcio e di imbracciare le armi in nome dello Stato Islamico, morendo a 26 anni in Siria al confine con la Turchia. Selmi, invece, di anni ne aveva 21 quando morì in territorio siriano, dopo aver militato tra le file della selezione nazionale tunisina under 17 e dell’Étoile Sportive du Sahel, la terza squadra tunisina per titoli nazionali conquistati.